Giancarlo Alù


L’Artista Venere Chillemi è un esempio vivente di quella vitalità artistica, di quella movimentazione ed innovazione che molti critici davano per defunte con l’ultima biennale di Venezia. L’Arte ha un dna in costante mutazione, sollecitata da esperienze sempre più pressanti ed estreme, che hanno infine un outlet nell’intelligenza, nel talento e nella capacità espressiva dell’Artista. E questo è il caso di Venere Chillemi. Ella, con le sue Opere, è in costante, fattiva ricerca di una nuova forma di “aistesis” secondo il concetto di Platone, cioè di imitazione o “mimesi” delle idee e come “parusia”, cioè idee che sono presenti nelle cose, nella Natura. La chillemi va anche oltre questa analisi, mettendosi all’avanguardia nella concezione come “creazione” ed in fine come “costruzione” di Kantiana memoria. In una sua Opera si mostra, in una magica simbiosi, una cornice quadrata e al uo centro è inscritto un bordo circolare in rilievo, una forma di ciotola al cui interno giacciono immoti frammenti forse di lastre marmoree. Questo è un interessantissimo esempio di puro astrattismo ma con forte valenza visiva concettuale, con una tecnica rara e difficile da dosare, senza cadere nell’ovvio o nel banale. L’uso del materico è in forte rilievo, una vera “pittoscultura” di rara finezza ed eleganza, in cui emergono due elementi che sono costanti in quasi tutte le opere della Venere Chillemi: 1) l’uso dell’oro come identificativo della nobiltà, della ricchezza concettuale del prodotto. Così come l’utilizzo dell’oro, nell’arte bizantina è simbolo di potenza divina, di gloria dei cieli, della grazia di Dio riservata a pochi eletti. In quest’Opera della Chillemi c’è codesta identità di valori. L’oro è “spalmato” sui frammenti spigolosi che come per incanto diventano vitali, preziosi, assumendo oltre tutto quasi una funzione cinetica. L’oro è anche linfa vitale in un’altra composizione rappresentante un volto femminile che emerge prepotente, come chi rimane in apnea sotto le onde del mare ed al massimo della sopportazione ne esce aria e luce, al centro di una lastra semicircolare in azzurro bordata da due file di tessere dorate. Una sorta di testa di medusa caravaggesca, con i lunghi capelli scarmigliati dal vento, quasi raggi d’oro che configurano la nobiltà del volto rappresentato. Quanto simbolismo, quanta vitalità e potenza emanano da questa composizione! 2) Il moto circolare, a vortice, o a cerchi concentrici. La Venere Chillemi ha intuito in maniera geniale la simbologia del moto circolare, del cerchio, del vortice. La vita stessa è un cerchio, un gorgo che ha un punto di partenza e uno di arrivo che coincidono, si confondono, si perdono nel movimento rotante. Abbiamo già visto questo concetto materializzarsi nelle Opere or ora citate, ma in un altro suo lavoro, tutto è vortice, rotazione, movimento. Al centro della tela insiste un turbine al cui nucleo si intravede, con una rotazione strabiliante, una nuda figura femminile abbracciata ad un tronco di quello che si direbbe un albero. Entrambi sono piegati in uno stretto amplesso rotante, figure dantesche, in un contesto drammatico in cui i colori assordanti sono azzurri intensi chiazzati di rossi violenti macchiati di oro. Al centro di questo mulinello senza fine appare una luce abbagliante, un sole freddo che tutto gela e forma il perno e una chiastola cruciforme. Come quando si fa una foto contro sole, l’effetto è proprio quello rappresentato in quest’Opera: le figure in primo piano appaiono “accecate”, bruciate, sovraesposte ed il sole perfora di luminosità il negativo. Ma perché insistere nel voler estrapolare i reconditi significati di questa stupenda composizione? Dopo pochi istanti di attenta osservazione basta chiudere gli occhi ed aprire il cuore ed il cervello: la visione di questa e di tutte le Opere dell’Artista Venere Chillemi, sarà riverberata, come un’eco divina, fin dentro i più profondi recessi della nostra anima. E questa è la vera Arte. Quella di Venere Chillemi